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L'Universo esiste? Il CERN cerca la prova nell'antimateria di Michela Prest, Elena Re Garbagnati @ettorins 26 Ottobre 2017, 16:00 fonte CERN Una delle grandi domande della scienza non è solo "perché siamo qui?", ma anche "perché c'è qualcosa qui?" ed è a questo quesito che gli scienziati del CERN stanno cercando risposta con l'esperimento BASE(Baryon Antibaryon Symmetry Experiment). Non avete letto male, in soldoni ci stiamo chiedendo se l'Universo esista davvero. Che domanda direte voi, certo che esiste, ci viviamo! Ma cosa differente è dimostrare scientificamente il perché. Video correlati • Il PC del mese fatto in tempo di crisi | Febbraio 2018 La questione è tutt'altro che secondaria, perché come ci spiega la dottoressa Michela Prest, quando nel Big Bang l'energia si è trasformata in materia, non avendo carica, avrebbe dovuto produrre tanta materia quanta antimateria. Ma quando una particella di materia incontra una particella di antimateria, le due si annichiliscono e producono energia. Quindi noi non dovremmo essere qui!
L'esperimento BASE del CERN. Crediti: CERN Gli astronomi hanno osservato che per ogni particella di materia nell'Universo ci sono circa 1 miliardo di fotoni. In altre parole, per ogni miliardo di particelle di materia e antimateria prodotte subito dopo il Big Bang, una particella di materia è sopravvissuta. Immaginate 2 squadre, la squadra "materia" con 500 milioni di giocatori e la squadra "antimateria" con altrettanti giocatori. Ogni volta che si incontrano, annichilano e producono 2 fotoni. Ma la squadra di materia aveva pure un giocatore in panchina! Infatti noi ci siamo e siamo fatti di protoni, neutroni ed elettroni (non di antiprotoni, antineutroni e antielettroni). Per ora, non sappiamo perché. Per cercare di capire, bisogna studiare le proprietà della materia e dell'antimateria e confrontarle. Se dovesse emergere una qualche differenza, si potrà cominciare a capire cosa va cambiato nel Modello Standard della Fisica. L'Universo è attualmente descritto tramite quattro interazioni fondamentali, che sono l'interazione gravitazionale e le tre interazioni previste dal Modello Standard: l'interazione elettromagnetica (che descrive fenomeni come l'elettricità, il magnetismo, l'ottica), l'interazione debole (responsabile della produzione di energia da parte del Sole e di quasi tutti i fenomeni radioattivi), l'interazione forte (responsabile dell'esistenza dei nuclei e dell'energia nucleare). Il Modello Standard non dispone di elementi sufficienti per spiegare perché l'Universo primitivo non si sia annullato, lasciando solo un mare di energia. Quello che stanno facendo gli scienziati da tempo è quindi cercare una qualche caratteristica della materia o dell'antimateria che avrebbe potuto rendere asimmetrico l'Universo precoce.
Crediti: CERN L'ostacolo maggiore a questi studi è che l'antimateria è estremamente difficile da studiare: ha carica opposta ma proprietà quantistiche identiche alla materia, con il risultato che non appena le due vengono in contatto si annichiliscono a vicenda. Gli scienziati dell'esperimento BASE del CERN hanno dovuto ingegnarsi e hanno trovato un modo per analizzare il momento magnetico dell'antimateria, ossia come risponde alle interazioni magnetiche. Il trucco è stato quello di realizzare un contenitore che potesse conservare l'antimateria - perché tutti i contenitori tradizionali sono fatti di materia. Si tratta di una speciale camera super-fredda che sfrutta un campo magnetico per tenere sospeso un antiprotone (essenzialmente un nucleo di anti-idrogeno). Tenendo sospeso il nucleo nel campo magnetico per 405 giorni, gli scienziati di BASE hanno eseguito misurazioni precise del suo momento magnetico. Il risultato è -2.7928473441 magnetoni nucleari, una misura 350 volte più precisa di quelle precedenti, e che corrisponde al valore esattamente simmetrico rispetto a un normale protone. Che cosa significa? Che è scientificamente appurato che il momento magnetico non è ciò che ha causato lo squilibrio originale nell'Universo. La ricerca ovviamente è tutt'altro che terminata: non sappiamo ancora perché l'Universo esista, ma abbiamo escluso un'ipotesi e possiamo passare alla successiva, ossia all'analisi della gravità dell'antimateria, a cui il CERN sta già lavorando, e via dicendo.
Foto: Depositphotos maninblack È da notare infatti che esperimenti come LHCb e Alice per esempio lavorano su questi stessi argomenti, cercando di capire dai loro eventi se emerge qualcosa che possa "aprire la porta". Lo stesso vale per gli esperimenti che studiano il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini al Gran Sasso - e che sono finalizzati a capire se il neutrino è una particella di Dirac o di Majorana (cioè se neutrino e antineutrino sono diversi, come previsto dal Modello Standard, o se sono la stessa particella, come ipotizzato da Majorana). Chissà quando e come lo capiremo... restate sintonizzati! Michela Prest, Professore Associato di Fisica, Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia, Università degli Studi dell'Insubria. Fisico delle particelle, laureata con una tesi nell'ambito di DELPHI (CERN), ha conseguito il dottorato sviluppando un rivelatore innovativo per mammografia digitale con luce di sincrotrone (Trieste). È stata responsabile dello strumento principale del satellite AGILE (piccola missione ASI) lanciato nel 2007 dall'India, vincitore nel 2012 del Bruno Rossi Prize (American Astronomical Society). Si occupa di sviluppo di sistemi di rivelazione per la fisica delle particelle, la fisica medica e la fisica dello spazio; è autrice di oltre 200 pubblicazioni e esperta di divulgazione scientifica.
Modello Standard. Un nome opaco per la teoria scientifica più esatta a disposizione degli esseri umani. Oltre un quarto dei premi Nobel per la fisica dello scorso secolo sono integrazioni o risultati diretti del Modello Standard. Eppure un nome così fa pensare anche che, potendo sostenere una spesa in più, si possa comprare l’ultimo aggiornamento. In quanto fisico teorico preferisco chiamarlo La Strabiliante Teoria del Quasi Tutto. È proprio ciò che il Modello Standard rappresenta. Molti ricordano l’eccitazione degli scienziati all’annuncio della scoperta del Bosone di Higgs, nel 2012. Quello strombazzatissimo evento non era però del tutto imprevisto – coronava infatti una serie ininterrotta di cinque decenni di successi da parte del Modello Standard. A parte la forza di gravità, questa teoria comprende ogni forza conosciuta. Qualsiasi tentativo di attaccarla per dimostrare sperimentalmente la necessità di una sua revisione – ce ne sono stati parecchi, negli ultimi cinquanta anni – è fallito. Per farla breve, il Modello Standardrisponde a questa domanda: di cosa è fatto l’universo, e come fa a stare insieme? I mattoni più piccoli Saprete sicuramente come il mondo che ci circonda sia fatto di molecole, a loro volta costituite da atomi. Il chimico Dmitri Mendeleev lo capì negli anni Sessanta dell’Ottocento, e organizzò tutti gli atomi – vale a dire gli elementi – nella tavola periodica che avrete probabilmente studiato alle scuole medie. Ci sono però centodiciotto elementi chimici. C’è l’Antimonio, l’Arsenico, l’Alluminio, il Selenio… e altri centoquattordici.
La tavola periodica degli elementi. Ma questi elementi possono essere ulteriormente ridotti. Ai fisici piacciono le cose semplici. Vogliamo arrivare all’essenza delle cose, a pochi costituenti fondamentali. Con oltre cento elementi non è semplice. Gli antichi credevano che tutto fosse composto soltanto da cinque elementi – terra, acqua, fuoco, aria e etere. Cinque è molto più semplice di centodiciotto. Ma è anche sbagliato. Nel 1932 gli scienziati sapevano che tutti quegli atomi erano fatti di sole tre particelle – i neutroni, i protoni e gli elettroni. I neutroni e i protoni sono strettamente uniti tra loro nel nucleo. Gli elettroni, migliaia di volte più leggeri, vorticano intorno al nucleo a una velocità prossima a quella della luce. Fisici come Planck, Bohr, Schroedinger, Heisemberg e compagnia hanno inventato una nuova scienza – la meccanica quantistica – per spiegare questi moti. Sarebbe stato un soddisfacente punto di arrivo. Solo tre particelle. Tre è più semplice di cinque. Tenute insieme come, però? Gli elettroni e i protoni, rispettivamente carichi negativamente e positivamente, sono tenuti insieme dalla forza elettromagnetica. I protoni sono però affastellati nel nucleo e le loro cariche positive dovrebbero allontanarli decisamente tra loro. I neutrali neutroni non aiutano. Cosa tiene insieme protoni e neutroni? “L’intervento divino”, mi ha detto una persona all’angolo di una strada di Toronto. Aveva un opuscolo, dal quale ho potuto leggere tutto. Questo scenario sembrava però parecchio problematico anche per un essere divino – tenendo d’occhio ciascuno dei 1080 neutroni e protoni piegandoli alla sua volontà. Allargando lo zoo delle particelle Nel frattempo la natura smise crudelmente di limitare il suo zoo di particelle a quelle sole tre. Quattro, in realtà, dovendo contare anche il fotone, la particella della luce descritta da Einstein. Le quattro diventarono cinque con il positronedi Anderson, un elettrone con carica positiva che proviene dallo spazio esterno. Dirac aveva perlomeno previsto queste prime particelle di antimateria. Ecco che cinque diventarono sei quando fu trovato il pione di Yukawa, che aveva predetto potesse tenere insieme il nucleo. Poi arrivò il muone – duecento volte più pesante dell’elettrone, ma peraltro suo gemello. “Chi l’ha chiesto?” ironizzò I.I. Rabi. Ed eccoci a sette. Niente di semplice: ridondante, oltretutto. Arrivati agli anni Sessanta c’erano già centinaia di particelle “fondamentali”. Al posto di quella Tavola Periodica così ben organizzata ecco lunghi elenchi di barioni (particelle pesanti come i protoni e i neutroni), mesoni (simili ai pioni di Yukawa), e leptoni (particelle leggere come gli elettroni, e come gli elusivi neutrini) – una lista senza organizzazione, né principi guida. In questa breccia s’insinuò il Modello Standard. Non è stato un brillante lampo di genio arrivato in una notte. Nessun Archimede a saltare fuori dalla vasca da bagno strillando “eureka”. Piuttosto, una serie di cruciali approfondimenti da parte di pochi individui chiave, che alla metà degli anni Sessanta trasformarono questo guazzabuglio in una semplice teoria, e poi cinque decadi di verifiche sperimentali ed elaborazioni teoriche. I quark. Ce ne sono di sei varietà che noi chiamiamo sapori. Come per il gelato, tranne per il fatto di non avere gusti. Invece di vaniglia o cioccolato e così via, abbiamo il Su, il Giù, lo Strano, l’Incanto, l’Alto e il Basso. Nel 1964 Gell-Mann e Zweigci hanno dato le ricette: mettete insieme miscelando tre quark qualsiasi per avere un barione. I protoni si ottengono con due quark Su e un Giù messi insieme; i neutroni sono due Giù e un Su. Con un quark e un antiquark si ottiene un mesone. Un pione è un quark Su o un Giù legato a un anti-Su o a un anti-Giù. Tutta la materia del nostro quotidiano è composta soltanto da quark Su o Giù e da anti-quark ed elettroni.
Il Modello Standard delle particelle elementari offre una lista di ingredienti per qualsiasi cosa ci circondi. Fermi National Accelerator Laboratory, CC BY Semplice. Beh, solo in qualche modo, perché mettere insieme questi quark è un’impresa. Sono così strettamente legati l’uno con l’altro da rendere difficile trovare un quark o un anti-quark per conto proprio. La teoria che c’è dietro quel legame e le particelle responsabili chiamate gluoni si chiama cromodinamica quantistica. È un pezzo vitale del Modello Standard, ma matematicamente arduo, e pone anche un problema irrisolto di matematica di base. Noi fisici facciamo il nostro meglio per calcolare in quel modo, ma stiamo ancora imparando come si fa. L’altro aspetto del Modello Standard è Un Modello di Leptoni. È il titolo di un cruciale saggio del 1967 di Steven Weinberg che fece lavorare assieme la meccanica quantistica con le conoscenze fondamentali sulle interazioni tra le particelle,combinandole in una sola teoria.C’era dentro il solito elettromagnetismo, unito a ciò che i fisici chiamavano “l’interazione debole” che causa alcuni decadimenti radioattivi, spiegando come questi ultimi fossero differenti aspetti di una stessa forza. In quel lavoro c’era anche il Meccanismo di Higgs, per dotare di massa le particelle fondamentali. Da allora il Modello Standard ha predetto i risultati di esperimento dopo esperimento, compresa la scoperta di diverse varietà di quark e dei bosoni W e Z – particelle pesanti che stanno all’interazione debole quanto il fotone all’elettromagnetismo. La possibilità che i neutrini fossero privi di massa era stata intravista negli anni Sessanta, passando poi facilmente nel Modello Standard solo nei Novanta, qualche decennio in ritardo per partecipare alla festa.
Veduta tridimensionale di un evento registrato nell’acceleratore di particelle del Cern, che mostra le caratteristiche attese dal decadimento del bosone di Higgs-SM (Standard Model) in una coppia di fotoni – le linee tratteggiate gialle e i segmenti verdi. McCauley, Thomas; Taylor, Lucas; for the CMS Collaboration CERN, CC BY-SA Scoprire nel 2012 il bosone di Higgs, da tempo predetto dal Modello Standard e altrettanto a lungo cercato, è stata un’emozione ma non una sorpresa. È stata piuttosto un’ulteriore e risolutiva vittoria sulle forze oscure che i fisici delle particelle hanno costantemente avvertito incombere sull’orizzonte dei loro studi. Preoccupati che il Modello Standard non rappresentasse adeguatamente le aspettative di semplicità e anche della sua coerenza matematica o anche, guardando avanti, alla eventuale necessità di includere anche la forza di gravità, i fisici hanno formulato numerose proposte teoriche che provassero a superare il Modello Standard. Usando nomi coinvolgenti come Teoria della Grande Unificazione, Supersimmetria, Technicolor e Teoria delle Stringhe. Purtroppo, almeno per i loro autori, nessuna delle teorie di superamento del Modello Standard ha ancora predetto con successo un nuovo fenomeno o una discrepanza sperimentale con quelle espresse dal Modello Standard. Dopo cinque decenni, lungi dal richiedere un aggiornamento, il modello standard merita di essere celebrato come la Strabiliante Teoria del Quasi Tutto.
- Professore di Fisica, Case Western Reserve University
Questo articolo è tradotto da The Conversation. Per leggere l’originale vai qui